lunedì 27 agosto 2012

Dietrich Bonhoeffer



















Chi sono, io? Mi dicon spesso
che esco dalla mia cella
calmo e lieto e saldo
come il padrone del suo castello.

Chi sono, io? Mi dicon spesso
che parlo alle mie guardie
libero e amichevole e chiaro
come fossi io a comandare.

Chi sono, io? Mi dicon anche
che sopporto i giorni della sventura
impavido e sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.

Io, in realtà, son ciò che gli altri dicono di me?
O sono solo ciò che so io di me stesso?
Inquieto, nostalgico, malato come un uccello in gabbia
bramoso d'un respiro vivo come mi strozzassero alla gola
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli
assetato di parole buone, di presenza umana

tremante di collera davanti all'arbitrio e alla più meschina umiliazione
roso per l'attesa di grandi cose
impotente e preoccupato per l'amico ad infinita distanza
stanco e vuoto per pregare, per pensare, per creare
esausto e pronto a prendere congedo da tutto?

Chi sono, io? Questo o quello?
Oggi uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me stesso uno spregevole, querulo rottame?
O ciò che in me c'è ancora rassomiglia all'esercito sconfitto
che si ritira in disordine prima della vittoria del già vinto?

Chi sono, io? - domandare solitario che m'irride.
Chiunque io sia, tu mi conosci, tuo sono io, o Dio!

Dietrich Bonhoeffer, Chi sono, io?

mercoledì 1 agosto 2012

Giovannino Guareschi nel Lager di Sandbostel (Germania), 1944

















Le parole nascono ma non muoiono. Non muore niente, a questo mondo. Le parole nascono e poi, essendo più leggere dell'aria, salgono in su e arrivano fino al punto in cui il cielo finisce e comincia l'eternità. E lì ristanno.
Come se si liberassero in una stanza cento palloncini: arrivati al soffitto si fermerebbero. Così le parole nel cielo.
Lassù ci sono tutte le parole del mondo: dal grido minaccioso di Caino, all'ultimo discorso di Farinacci, alla cantilena dello straccivendolo, al canto dell'innamorato. Verba volant. Le parole volano, non si volatilizzano.

Giovannino Guareschi, Lager di Beniaminowo, 1944