lunedì 22 giugno 2020

Oliver Sacks




















A ottant'anni, i segni del declino sono fin troppo visibili. Le reazioni diventano un po' più lente, spesso i nomi sfuggono, e le energie vanno dosate; nondimeno, capita spesso di sentirsi pieni di vita e di energie, niente affatto "vecchi". Forse, con un po' di fortuna, resisterò - più o meno integro - per qualche anno ancora, e mi sarà concesso il lusso di continuare ad amare e a lavorare: come insisteva Freud, le due cose più importanti della vita.

da Gratitudine

venerdì 19 giugno 2020

Wisława Szymborska

Robert Doisneau, Le violoncelle sous la pluie
Paris 1957





















Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza far domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.

Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.

È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

Disattenzione, da Due punti

mercoledì 10 giugno 2020

Roberto Calasso

Foto di Enrica Scalfari















A partire da un certo anno, ho fatto in modo che quasi tutti i libri che mi circondano fossero ricoperti con quella specie di carta velina che si chiama pergamino e ancora oggi viene usata dai librai antiquari in Francia, dove la maggior parte dei libri sono in brossura e l'utilità del pergamino è più evidente (nei paesi anglosassoni si usano invece sovra-coperte in plastica).
Mi hanno chiesto ogni tanto perché lo faccio. Il motivo ufficiale è che il pergamino protegge la copertina dell'invecchiamento. Ma non è quello il punto decisivo, che invece è difficilmente confessabile: il pergamino serve a complicare la vita con i libri. La sua vera ragione è quella di rendere meno leggibile - o addirittura non leggibile - ciò che è scritto sui dorsi. Il pergamino fa sì che siano molto meno riconoscibili. E questo allevia chi vive in mezzo a loro - e non vuole essere obbligato a percepire in qualsiasi momento la presenza incombente di un certo libro. Mentre preferisce ritrovarlo quasi al tatto, delicatamente mummificato.
E c'è un motivo ulteriore, ancora meno confessabile. Il pergamino rende molto più difficile, per un occasionale visitatore, individuare i titoli dei libri. E questo frena ogni eccesso di intimità. Impedisce quella imbarazzante situazione in cui, entrando in una stanza, si riconosce rapidamente, anche solo dal colore e dalla grafica dei dorsi, di che cosa è fatto il paesaggio mentale del padrone di casa.

da Come ordinare una biblioteca

lunedì 8 giugno 2020

Piero Bigongiari














Tienimi informato dei tuoi progressi letterari (cioè del tuo vivere intimo), e non ti stancare.

[...]

Caro Mario, teniamo paralleli i nostri fiumi; è così aspra la terra, e sentire il crosciare di un'altra acqua amica riempie il cuore di sotterranee speranze.

dal carteggio con Mario Ciattini, in Giovinezza a Pistoia