giovedì 29 dicembre 2011

Andrej Tarkovskij sul set de Lo specchio















Secondo me quando si parla di Dio che ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, si deve intendere che la somiglianza riguarda l'essenza e questa è la creazione.
Da qui nasce la possibilità di valutazione di un'opera, della sua figuratività. In poche parole il significato dell'arte è la ricerca di Dio nell'uomo.


da Andrej Tarkovskij, Martirologio

domenica 25 dicembre 2011


Il cielo della Palestina il 25 dicembre dell'anno 6 a.C.















E se poi venisse davvero?
Se a quell'ora precisa
mentre la nebbia oppure la pioggia nera
oppure comunque le caligini il fetido l'incubo nero
della notte sopra la pianura dell'umidità
e dell'espansione economica
e l'arcipelago delle luminarie
sempre più denso verso il centro
specialmente i cinema i bar le stazioni di servizio
e poi nel cuore della città
la massima concentrazione di luci
di lusso di soldi di gioia di vizio
se nei palazzi cascine falansteri
attraverso le illusioni e i misteri
lui davvero venisse?
Che scherzo pericoloso, eh?

Perché dicono dicono ma
non ci crede più nessuno.
Il proprietario del magazzino famoso
di articoli da regalo
non ci crede, e ne ride bonario
con le clienti in visone
anche il negoziante di giocattoli
sollevato dall'andamento straordinario

degli affari nonostante la recessione.

Non ci crede il capofamiglia
né lo scapolo né il coniugato
né il vecchio zio né la figlia,
neppure la mamma sebbene
tenendoli sulle ginocchia
abbia dettato ai bambini le lettere
col presepio e il bordo dorato
destinazione Paradiso
in franchigia, senza riflettere
al rischio della mistificazione.

Non ci crede neanche don Saverio
il buon prevosto della parrocchia

non basta infatti la fede
per prendere veramente sul serio
questa antica superstizione.


E neppure ci credono i bambini
che avrebbero sufficiente ingenuità
voglia di miracoli, di fantasia

di mostri, di favole, ma
ci fu quel sorriso speciale
della mamma così ambiguo e allora
nacque in loro l'ipocrisia
per la prima volta, con la paura
tipicamente italiana
di passare per cretini.

Neanche loro dunque ci credono più
che alla mezzanotte del venti-
quattro, carico di regali
in carte d'oro e d'argento
fra un grande sbattere d'ali
(ci saranno anche gli angeli, no?)
arriva il Bambino Gesù.

E se invece venisse per davvero?
Se la preghiera, la letterina, il desiderio
espresso così, più che altro per gioco
venisse preso sul serio?
Se il regno della fiaba e del mistero
si avverasse? Se accanto al fuoco
al mattino si trovassero i doni
la bambola il revolver il treno
il micio l'orsacchiotto il leone
che nessuno di voi ha comperati?
Se la vostra bella sicurezza
nella scienza e nella dea ragione
andasse a carte quarantotto?
Con imperdonabile leggerezza
forse troppo ci siamo fidati.

E se sul serio venisse?
Silenzio! O Gesù Bambino
per favore cammina piano

nell'attraversare il salotto.
Guai se tu svegli i ragazzi,
che disastro sarebbe per noi
così colti così intelligenti
brevettati miscredenti
noi che ci crediamo chissà cosa
coi nostri atomi coi nostri razzi.
Fa' piano, Bambino, se puoi.

Dino Buzzati

venerdì 16 dicembre 2011

Andrej Tarkovskij, Sacrificio



















Ara la roccia finché dia frutto.

da Francis Thompson, La donna della visione

mercoledì 23 novembre 2011














Quand on longe les murs
on trouve un jour des hommes-portes
des hommes-fenêtres
par qui l'on voit le monde
le paysage et les autres hommes
ainsi parfois à l'infini
En passant derrière eux
on finit par suivre
sans savoir un chemin
au bout duquel peut-être
tu t'ouvriras aussi


Quando costeggi i muri
trovi un giorno degli uomini-porta
uomini-finestra
per i quali vedi il mondo
il paesaggio e gli altri uomini
così a volte all'infinito
Mettendoti dietro di loro 
va a finire che seguirai 
senza saperlo un cammino
in fondo al quale pure tu
forse ti aprirai


Jean-Pierre Lemaire

sabato 8 ottobre 2011

Il dottore cieco Alber-André Nast usa l'orecchio
al posto di uno stetoscopio.
Foto di Thomas McAvoy, Francia 1953.





















Se fai per raccoglierne il frutto, sappi che il frutto marcisce. Se fai per compiacere altrui, sappi che appassisce ogni fiore. Ma se fai per amore di bene, il tuo atto dimora nel bene, staccato dalle cose e da te. E sul punto di morte vedrai lungo le ore dei giorni la filza dei tuoi atti come ghirlande appese, e vista da quel punto, la vita parrà una festa.

Lanza del Vasto, da Giuda

mercoledì 14 settembre 2011

Rodney Smith "Ocean"



















L'uomo è un mistero. Se per tutta la vita tu avrai cercato di risolverlo, non dire: "Ho perso tempo". Io mi occupo di questo mistero, perchè voglio essere uomo.

Fedor Dostoevskij, da una lettera al fratello Michail

sabato 3 settembre 2011


Nebbia, foto di Sophia Milaz













Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell'Opera che l'ha scelta.

da Paul Claudel, L'annuncio a Maria

martedì 9 agosto 2011

Sophia Milaz













You don't have a soul. You are a soul. You have a body.

C.S. Lewis

lunedì 1 agosto 2011

Canti alpini sul Monte Nuvolau, foto di Sophia Milaz

La nostra parola iniziale si chiama bellezza. Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che (segretamente o apertamente) non è più capace di pregare e, presto, neanche di amare.

Hans Urs von Balthasar

venerdì 22 luglio 2011














Si potrebbe anche smettere di scrivere
per scegliere di seguire i segnali dei grandi - un lento
fuoco - e diventare, invece,
il loro lettore ideale, ruminante,
vivace, che antepone l'amore
per i capolavori al tentativo
di ripeterli oppure superarli,
e diventare il più grande lettore del mondo.

Derek Walcott

martedì 7 giugno 2011

Cortona, Eremo di S.Egidio
foto di Maddalena Mongera




















L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità. L’amicizia è la contemplazione di se stesso, attraverso l’Amico, in Dio.

Pavel Florenskij, da La colonna e il fondamento della verità

mercoledì 4 maggio 2011


Gottfried Benn













A poco a poco un medico aveva raggiunto i ventinove anni e il suo aspetto non era tale da suscitare sensazioni di un qualche genere particolare.
Nonostante gli anni si interrogava su questo e su quello. Continuava ad afferrarlo una spinta a cogliere il senso dell'esistenza. Chi lo realizzava pienamente?

da Cervelli di Gottfried Benn

martedì 3 maggio 2011

Basilica di San Pietro, Beatificazione di papa Giovanni Paolo II















Esalta, anima mia, la gloria del Signore,
Padre d’immensa Poesia – così buono.

Egli ha cinto la mia giovinezza di un ritmo stupendo,
ha forgiato il mio canto sopra un’incudine di quercia.

In te risuoni, anima mia, la gloria del tuo Signore,
Artefice dell’angelica Sapienza – Artefice clemente.

Ecco, riempio fino all’orlo il calice col succo della vite
nel Tuo convito celeste – io, il Tuo servo orante –
grato, perché misteriosamente rendesti angelica la mia giovinezza,
perché da un tronco di tiglio scolpisti una forma robusta.

Tu sei il più stupendo, onnipotente Intagliatore di santi
- la mia strada è fitta di betulle, fitta di querce –
Ecco, io sono la terra dei campi, sono un maggese assolato,
ecco, io sono un giovane crinale roccioso dei Tatra.

Benedico la Tua semina a levante e a ponente –
Signore, semina generosamente la Tua terra
che diventi un campo di segale, un folto di abeti
la mia giovinezza sospinta dalla nostalgia, dalla vita.

La mia felicità – grande mistero – Ti esalti
perché hai dilatato il mio petto in un canto primordiale,
perché hai permesso al mio volto di tuffarsi nell’azzurro,
perché hai fatto piovere nelle mie corde la melodia
e in questa melodia Ti sei svelato in visione – attraverso il Cristo

- Guarda davanti, Slavo! i falò di Sobótka
Non ha perso le foglie la quercia sacra, il re degli alberi non s’è inaridito,
anzi, è divenuto come un dominatore e un sacerdote del popolo.

Esalta, anima mia, il Signore, per un silenzioso presagio,
per la primavera echeggiante di gotica nostalgia,
per l’ardente giovinezza – il calice inebriante del vino,
per l’autunno che ha sembianza di stoppie tristi e di erica.

EsaltaLo per la poesia – per la gioia e il dolore!
- Gioia di dominare la terra, il cielo e l’oro,
perché nelle parole s’incarna la delizia e l’ardore delle generazioni,
perché Tu cogli questa maturità che Ti si stende davanti.

Dolore – la tristezza serale dell’indicibile
quando la Bellezza ci avvolge in un’onda d’estasi,
Sobótka la festa pagana celebrata con canti e danze intorno ai falò nel giorno di San Giovanni.

Dio si china sull’arpa – ma sulla distesa rocciosa
il raggio si spezza – manca forza alle parole,

mancano le parole. E mi sento un angelo caduto –
una statua sul pietrame – sul piedistallo di marmo;
ma Tu alitasti nostalgia nella statua e nello slancio delle braccia,
così si solleva e anela – uno di questi angeli io sono.


E ancora Ti esalto perché Tu sei l’approdo,
la ricompensa d’ogni canto – il giorno del sacro pensiero –
e la gioia echeggiante dell’inno materno,
il silenzioso compimento della parola – Sei il Culmine, Eli!

Sii lodato, Padre, per la tristezza dell’angelo,
per la lotta tra canto e menzogna, il combattimento ispirato dell’anima –

- Tu annulla in noi l’amore per la parola
e spezza la forma che, come un uomo vano, si gonfia.

Cammino sui Tuoi sentieri – io, un trovatore slavo –
suono durante i sobótki per pastori e ragazze tra le greggi,
- ma il canto orante, il canto immenso come la terra
lo getto al piede del trono di quercia, a Te Unico.

Sii benedetto, o canto tra tutti i canti!
Sii benedetta, semente della mia anima e della luce!
Esalta, anima mia, Colui che ha gettato sulle mie spalle
il velluto e il raso sovrano.

Benedetto è l’Intagliatore di santi, Slavo e profeta –
Abbi pietà – io canto come un pubblicano ispirato –
Esalta anima mia, con il canto e l’umiltà
il Tuo Signore, con l’inno: Santo, Santo, Santo!

Il canto, ecco, si unifica: Poesia – Poesia!
- il grano anela come l’anima mia che soffre insaziabile –
- che i miei sentieri si stendano all’ombra di querce, di betulle,
che la mia giovane messe sia gradita al Signore.

Libro Slavo di nostalgie! Echeggia sui confini
come gli squilli degli ottoni nei cori di resurrezione,
con vergine canto sacro, con una poesia reverente
e con l'inno dell'Uomo - Magnificat di Dio.

Cracovia, 1939, primavera-estate

Karol Wojtyła, Magnificat (Inno)

giovedì 28 aprile 2011

Foto di Valentina Ferrari















Elicone: Sembri affaticato.

Caligola: Ho camminato molto.

Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo.

Caligola: Era difficile da trovare.

Elicone: Che cosa?

Caligola: Ciò che volevo.

Elicone: E che volevi?

Caligola: La luna.

Elicone: Che?

Caligola: La luna. Sì, volevo la luna.

Elicone: Ah, e per fare cosa?

Caligola: E' una delle cose che non ho.

Elicone: Sicuramente. E adesso? È tutto a posto?

Caligola: No, non ho potuto averla. Sì, ed è per questo che sono stanco. Tu pensi che io sia pazzo.

Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono troppo intelligente per pensare.

Caligola: Sì, d'accordo. Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti.

Elicone: E' un'opinione abbastanza diffusa.

Caligola: E' vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. Questo mondo così com'è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell'immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.

dal Caligola di Camus

lunedì 18 aprile 2011

Sant'Agostino



















Cum autem fictio nostra refertur ad aliquam significationem, non est mendacium sed aliqua figura veritatis.

Sant'Agostino

lunedì 4 aprile 2011


La bacheca di Lista Aperta nel chiostro
della facoltà di Lettere e Filosofia a Firenze
la mattina dopo la festa degli anarchici del 3-4-11





















Avremo un bel da fare, avremo un bel da fare, andranno sempre più veloci di noi. Maggiormente di noi. Non occorre che un acciarino per bruciare una fattoria. Occorrono, sono occorsi molti anni per costruirla. Non è difficile; non ci vuole molto. Ci vogliono mesi e mesi, c'è voluto lavoro e ancora lavoro per far crescere una messe. E non ci vuole che un acciarino per dar fuoco ad una messe. Ci vogliono anni e anni per far crescere un uomo, e c'è voluto pane e ancora pane per nutrirlo. e lavoro e lavoro e lavori e lavori di ogni genere. E basta un colpo per uccidere un uomo. Un colpo di sciabola e la cosa è fatta. Per fare un buon cristiano occorre che l'aratro abbia lavorato vent'anni. E' nel genere della sciabola lavorare un minuto. E' nel genere dell'aratro lavorare vent'anni. E' nel genere della sciabola lavorare un minuto; e di fare di più; d'essere più forte. Di farla finita. Allora noi altri saremo sempre i meno forti. Andremo sempre meno veloci, ne faremo sempre di meno. Noi siamo il partito di quelli che costruiscono. Loro sono il partito di quelli che demoliscono. Noi siamo il partito dell'aratro. Loro sono il partito della sciabola. Noi saremo sempre battuti. Loro avranno sempre la meglio su di noi, su di noi.
Avremo un bel dire. 

C.Peguy, da Il mistero della carità di Giovanna d'Arco

mercoledì 16 marzo 2011

Charles Baudelaire



















E' questo immortale istinto del bello che ci fa considerare il mondo e tutte le sue bellezze come un riflesso, come una corrispondenza del cielo. La sete inestinguibile di tutto ciò che è al di là, e che rivela la vita, è la prova più viva della nostra immortalità. Con la poesia e, insieme, attraverso la poesia, con la musica e attraverso la musica, l'anima intuisce la luce che splende al di là della tomba; o quando una poesia perfetta fa nascere le lagrime agli occhi, queste lagrime non sono segno di eccessiva gioia, ma piuttosto indice di una malinconia esasperata, di una esigenza nervosa, di una natura esiliata nell'imperfetto che bramerebbe possedere subito, in questo mondo, un paradiso rivelato.

Charles Baudelaire, in Art Romantique

venerdì 11 marzo 2011

Andrea Pisano, L'arte dell'Architettura (1337-1341)
Campanile di Giotto, Firenze




















La bellezza è per entusiasmare al lavoro,
il lavoro è per risorgere.

Cyprian Norwid

venerdì 4 marzo 2011

Lugano















Strada di Zenna

Ci desteremo sul lago a un’infinita
navigazione. Ma ora
nell’estate impaziente
s’allontana la morte.
E pure con labile passo
c’incamminiamo su cinerei prati
per strade che rasentano l’Eliso.

Si muta
l’innumerevole riso;
è un broncio teso tra l’acqua
e le rive nel lagno
del vento tra stuoie tintinnanti.
Questa misura ha il silenzio
stupito a una nube di fumo
rimasta qua dall’impeto
che poco fa spezzava la frontiera.
Vedi sulla spiaggia abbandonata
turbinare la rena,
ci travolge la cenere dei giorni.
E attorno è l’esteso strazio
delle sirene salutanti nei porti
per chi resta nei sogni
di pallidi volti feroci,
nel rombo dell’acquazzone
che flagella le case.
Ma torneremo taciti a ogni approdo.
Non saremo che un suono
di volubili ore noi due
o forse brevi tonfi di remi
di malinconiche barche.

Voi morti non ci date mai quiete
e forse è vostro
il gemito che va tra le foglie
nell’ora che s’annuvola il Signore.


 Vittorio Sereni

lunedì 28 febbraio 2011


Mario Luzi a Pienza nel 2003



















Suda questa calura,
trasuda antichi fiati
e fortori di campagna
le diroccate mura
                                    il rudere
della primitiva pieve
e del suo povero rure
ricuoce lo stantio
                                    afrore
delle sue folte domeniche
nella soffocante afa.
Siamo in mezzo al tempo,
in un pieno mezzogiorno.
Molto è stato.
Come sé e come seme
di ciò che oscuramente è preparato.
Bruciano l'avvenire e l'avvenuto
sotto il sole, nelle stesse pietre.

Mario Luzi

sabato 29 gennaio 2011


Maryann Burk e Raymond Carver












Waiting

Left off the highway and
down the hill. At the
bottom, hand another left.
Keep bearing left. The road
will make a Y. Left again.
There’s a creek on the left.
Keep going. Just before
the road ends, there’ll be
another road. Take it
and no other. Otherwise,
your life will be ruined
forever. There’s a log house
with a shake roof, on the left.
It’s not that house. It’s
the next house, just over
a rise. The house
where trees are laden with
fruit. Where phlox, forsythia
and marigold grow. It’s
the house where the woman
stands in the doorway
wearing sun in her hair. The one
who’s been waiting
all the time.
The woman who loves you.
The one who can say,
“What’s kept you?”


Attesa

Esci dalla statale a sinistra e
scendi giù dal colle. In
fondo, gira ancora a sinistra.
Continua sempre a sinistra. La strada
arriverà a un bivio. Sinistra di nuovo.
C’è un torrente sulla sinistra.
Prosegui. Poco prima
della fine della strada, c'è
un’altra strada. Prendi quella
e nessun’altra. Altrimenti
la tua vita sarà rovinata
per sempre. C’è una casa di tronchi
con un tetto di tavole, sulla sinistra.
Non è quella casa. E’ quella
appresso, appena sopra
una salita. La casa
dove gli alberi sono carichi
di frutta. Dove fhlox, forsizia e calendula
crescono rigogliose. E’
la casa dove la donna
sta in piedi sulla soglia
con il sole che le veste i capelli. Quella
che ha aspettato
tutto questo tempo.
La donna che ti ama.
Quella che può dire:
“Come mai ci hai messo tanto?”

Raymond Carver