Robert Doisneau, Le violoncelle sous la pluie Paris 1957 |
Ieri
mi sono comportata male nel cosmo.
Ho
passato tutto il giorno senza far domande,
senza
stupirmi di niente.
Ho
svolto attività quotidiane,
come
se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione,
espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma
senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire
di casa e del tornarmene a casa.
Il
mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e
io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun
come e perché –
e
da dove è saltato fuori uno così –
e
a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero
come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e
qui un paragone che mi è mancato).
Uno
dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino
nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.
Su
un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il
pane di ieri era tagliato diversamente.
Le
nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché
dopotutto cadeva con gocce diverse.
La
terra girava intorno al proprio asse,
ma
già in uno spazio lasciato per sempre.
È
durato 24 ore buone.
1440
minuti di occasioni.
86.400
secondi in visione.
Il
savoir-vivre cosmico,
benché
taccia sul nostro conto,
tuttavia
esige qualcosa da noi:
un
po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e
una partecipazione stupita a questo gioco
con
regole ignote.
Disattenzione, da Due punti
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