Ernest Fenellosa (grazie ad Elia per la citazione)
venerdì 30 novembre 2007
venerdì 23 novembre 2007
"Ed egli disse: se il Signore non ti salva, come posso io salvarti? Col prodotto dell'aia o del tino?" (2nd Re, VI, 27)
Tu che stenti il salario del peccato,
guarda, noi abbiamo la gioia del raccolto:
per noi fu mietuta la prima messe,
per noi fu divelta dalle radici,
legata in lacci crudeli, crudelmente colpita,
flagellata sul suolo dell'aia;
dove la macina fece riparo al Suo Capo,
al mattino trovammo il Pane Celeste,
ed esposto sopra mille altari,
Cristo si è fatto il nostro Sacrificio.
Voi, il cui arido suolo si fende per sete,
noi esultiamo con coloro che pestano le uve:
per noi la Vigna fu ricinta di spine,
in cinque luoghi i rami preziosi divelti;
un frutto terribile apparve sull'albero,
nell'orto di Getzemani;
per noi dall'angoscia del Calvario
il vino fu spremuto dal tino;
ora sul nostro Altare, custodita nei calici,
c'è la dolce vendemmia di Nostro Signore.
Nel giardino di Giuseppe abbandonarono
la vite divelta, spoglia di foglie e priva di vita, secca:
nel mattino di Pasqua l'albero era nato,
in quaranta giorni giungeva dalla terra al cielo,
ben presto il mondo ne è tutto ricoperto;
voi stanchi, venite dentro l'ombra.
Il campo ove Egli ci piantò,
ondeggerà di rami come il Libano.
Quando Egli ci avrà legati al Suo fascio,
quando Egli ci avrà coperto col Suo fogliame.
Nemmeno chiamiamo quel Banchetto vivanda,
ma vero sangue del nostro Salvatore e nostro,
tanto siamo innestati alla Sua pianta.
Gerard Mainly Hopkins, L'aia e il tino
Tu che stenti il salario del peccato,
guarda, noi abbiamo la gioia del raccolto:
per noi fu mietuta la prima messe,
per noi fu divelta dalle radici,
legata in lacci crudeli, crudelmente colpita,
flagellata sul suolo dell'aia;
dove la macina fece riparo al Suo Capo,
al mattino trovammo il Pane Celeste,
ed esposto sopra mille altari,
Cristo si è fatto il nostro Sacrificio.
Voi, il cui arido suolo si fende per sete,
noi esultiamo con coloro che pestano le uve:
per noi la Vigna fu ricinta di spine,
in cinque luoghi i rami preziosi divelti;
un frutto terribile apparve sull'albero,
nell'orto di Getzemani;
per noi dall'angoscia del Calvario
il vino fu spremuto dal tino;
ora sul nostro Altare, custodita nei calici,
c'è la dolce vendemmia di Nostro Signore.
Nel giardino di Giuseppe abbandonarono
la vite divelta, spoglia di foglie e priva di vita, secca:
nel mattino di Pasqua l'albero era nato,
in quaranta giorni giungeva dalla terra al cielo,
ben presto il mondo ne è tutto ricoperto;
voi stanchi, venite dentro l'ombra.
Il campo ove Egli ci piantò,
ondeggerà di rami come il Libano.
Quando Egli ci avrà legati al Suo fascio,
quando Egli ci avrà coperto col Suo fogliame.
Nemmeno chiamiamo quel Banchetto vivanda,
ma vero sangue del nostro Salvatore e nostro,
tanto siamo innestati alla Sua pianta.
Gerard Mainly Hopkins, L'aia e il tino
giovedì 22 novembre 2007
martedì 20 novembre 2007
In paradiso lo sguardo forse passerà
dal giorno eterno al dì di esso
illuminato per ritrovare, nel vero,
l'aspetto del Vero rispecchiato.
Vedrà allora, in Terra Benedetta,
che ogni cosa è ugual ma liberata:
la Salvezza non cambia e non distrugge
giardino e giardiniere, giovane e gioco.
Solo il Male non sarà perchè non sta
nell'immagine divina ma nello sguardo,
non nella fonte, ma nella mala scelta,
e non nel suono, ma nella voce perversa.
In Paradiso finirà l'esilio
e se le loro storie narreranno
e certo, poichè son vivi, inventeranno,
i poeti, di fiamme incoronati,
ben sapranno scegliere e cantare
per sempre con certezza dal Tutto originale.
J.R.R.Tolkien, da Mitopoeia
dal giorno eterno al dì di esso
illuminato per ritrovare, nel vero,
l'aspetto del Vero rispecchiato.
Vedrà allora, in Terra Benedetta,
che ogni cosa è ugual ma liberata:
la Salvezza non cambia e non distrugge
giardino e giardiniere, giovane e gioco.
Solo il Male non sarà perchè non sta
nell'immagine divina ma nello sguardo,
non nella fonte, ma nella mala scelta,
e non nel suono, ma nella voce perversa.
In Paradiso finirà l'esilio
e se le loro storie narreranno
e certo, poichè son vivi, inventeranno,
i poeti, di fiamme incoronati,
ben sapranno scegliere e cantare
per sempre con certezza dal Tutto originale.
J.R.R.Tolkien, da Mitopoeia
lunedì 19 novembre 2007
..."Lie down
in the word-hoard, borrow
the coil and gleam
of your furrowed brain.
Compose in darkness.
Expect aurora borealis
in the long foray
but no cascade of light.
Keep your eye clear
as the bleeb of the icicle,
trust the feel of what nabbed treasure
your hands have known."
TRADUZIONE
..."Scendi
nel tesoro di parole, scava
la tana nella spira e nel bagliore
del tuo cervello pieno di rughe.
Scrivi nel buio.
Attendi l'aurora boreale
nel corso della lunga prova
ma nessuna cascata di luce.
Mantieni limpido il tuo occhio
come la bolla d'aria nel ghiacciolo,
fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro
che le tue mani hanno conosciuto."
Seamus Heaney, da North
in the word-hoard, borrow
the coil and gleam
of your furrowed brain.
Compose in darkness.
Expect aurora borealis
in the long foray
but no cascade of light.
Keep your eye clear
as the bleeb of the icicle,
trust the feel of what nabbed treasure
your hands have known."
TRADUZIONE
..."Scendi
nel tesoro di parole, scava
la tana nella spira e nel bagliore
del tuo cervello pieno di rughe.
Scrivi nel buio.
Attendi l'aurora boreale
nel corso della lunga prova
ma nessuna cascata di luce.
Mantieni limpido il tuo occhio
come la bolla d'aria nel ghiacciolo,
fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro
che le tue mani hanno conosciuto."
Seamus Heaney, da North
domenica 18 novembre 2007
Tra noi che vale, se ti mando in dono
questi miei versi, o tu parli di me,
che vale il ricordarci quanti sono
i debiti che abbiamo l'un con l'altro,
ogni dedica è scritta, e non ce n'è
di migliori, nè un lascito più scaltro
di quel che scrisse il reciproco amore
del fare insieme, senza chieder conto
di nulla che a quell'opera maggiore
ch'era, non si sa come, amore insieme
operante, che gode del suo vivere,
e noi siam nulla, l'abolito seme...
E' l'opera comune che ha valore,
dimenticami, guardami nel vero
di ciò che fai con lo spontaneo cuore
sempre in quel senso dov'è il più sincero
creder comune, fiamma di candele,
ex voto che favellano al mistero,
consumando il lucignolo e le pene
nel pensier generale, e qual si spegne
prima non conta, è la vita che tiene.
Carlo Betocchi, L'opera comune
questi miei versi, o tu parli di me,
che vale il ricordarci quanti sono
i debiti che abbiamo l'un con l'altro,
ogni dedica è scritta, e non ce n'è
di migliori, nè un lascito più scaltro
di quel che scrisse il reciproco amore
del fare insieme, senza chieder conto
di nulla che a quell'opera maggiore
ch'era, non si sa come, amore insieme
operante, che gode del suo vivere,
e noi siam nulla, l'abolito seme...
E' l'opera comune che ha valore,
dimenticami, guardami nel vero
di ciò che fai con lo spontaneo cuore
sempre in quel senso dov'è il più sincero
creder comune, fiamma di candele,
ex voto che favellano al mistero,
consumando il lucignolo e le pene
nel pensier generale, e qual si spegne
prima non conta, è la vita che tiene.
Carlo Betocchi, L'opera comune
sabato 17 novembre 2007
venerdì 16 novembre 2007
mercoledì 14 novembre 2007
domenica 11 novembre 2007
Sino alla morte, non avea potuto
proibir che lo amasse, - e di gridarlo.
Ora, ella cadde ai piedi della croce,
vestita di una pena senza nome,
tutta pesante del suo grande amore.
Ma quando, a profumargli il dolce corpo
di molli aromi, al suo sepolcro venne,
tutta lagrime il volto, - Egli, risorto
era già... Per Lei. Solo, per dirle
reciso, adesso, il suo divino No.
Più tardi, nella squallida caverna,
ella comprese come, rinnovato
entro il fuoco gagliardo della morte,
le ricusasse il più potente balsamo
(anche un sospiro di sperati baci!)
per formare di lei solo un'Amante
che non s'inclina più verso l'Amato,
perchè nell'urlo di bufere enormi
trascende già la idolatrata voce.
R. M. Rilke, Cristo risorto
proibir che lo amasse, - e di gridarlo.
Ora, ella cadde ai piedi della croce,
vestita di una pena senza nome,
tutta pesante del suo grande amore.
Ma quando, a profumargli il dolce corpo
di molli aromi, al suo sepolcro venne,
tutta lagrime il volto, - Egli, risorto
era già... Per Lei. Solo, per dirle
reciso, adesso, il suo divino No.
Più tardi, nella squallida caverna,
ella comprese come, rinnovato
entro il fuoco gagliardo della morte,
le ricusasse il più potente balsamo
(anche un sospiro di sperati baci!)
per formare di lei solo un'Amante
che non s'inclina più verso l'Amato,
perchè nell'urlo di bufere enormi
trascende già la idolatrata voce.
R. M. Rilke, Cristo risorto
sabato 10 novembre 2007
Abbraccia, Madre, lo spazio
tutto che ci è dato,
il tempo a noi concesso
abbraccia intero,
l'alba su di noi,
la sera,
il dubbio, la certezza,
il dolore, la pena,
la fatica.
Semplicissima Madre,
stringici nel Tuo grembo.
Siamo attori di Dio:
stringici nel Tuo e nel Suo
inmmenso Io.
Giovanni Testori, da Interrogatorio a Maria
giovedì 8 novembre 2007
venerdì 2 novembre 2007
...a me è parso...che la poesia...è uno scoprire e stabilire convenienze e richiami e concordanze tra il Cielo e la terra e in noi e tra di noi...La poesia...in tesa in modo totale, ossia cattolico, è la bellezza che rende palese, come arcano riverbero, la Bontà infinita...
...uscendo da una lettura di poesia...ci si potrebbe sentire incoraggiati al bene e all'eterno...
Clemente Rebora, da una lettera al fratello
...uscendo da una lettura di poesia...ci si potrebbe sentire incoraggiati al bene e all'eterno...
Clemente Rebora, da una lettera al fratello
giovedì 1 novembre 2007
Iscriviti a:
Post (Atom)