venerdì 23 novembre 2007

"Ed egli disse: se il Signore non ti salva, come posso io salvarti? Col prodotto dell'aia o del tino?" (2nd Re, VI, 27)

Tu che stenti il salario del peccato,
guarda, noi abbiamo la gioia del raccolto:
per noi fu mietuta la prima messe,
per noi fu divelta dalle radici,
legata in lacci crudeli, crudelmente colpita,
flagellata sul suolo dell'aia;
dove la macina fece riparo al Suo Capo,
al mattino trovammo il Pane Celeste,
ed esposto sopra mille altari,
Cristo si è fatto il nostro Sacrificio.

Voi, il cui arido suolo si fende per sete,
noi esultiamo con coloro che pestano le uve:
per noi la Vigna fu ricinta di spine,
in cinque luoghi i rami preziosi divelti;
un frutto terribile apparve sull'albero,
nell'orto di Getzemani;
per noi dall'angoscia del Calvario
il vino fu spremuto dal tino;
ora sul nostro Altare, custodita nei calici,
c'è la dolce vendemmia di Nostro Signore.

Nel giardino di Giuseppe abbandonarono
la vite divelta, spoglia di foglie e priva di vita, secca:
nel mattino di Pasqua l'albero era nato,
in quaranta giorni giungeva dalla terra al cielo,
ben presto il mondo ne è tutto ricoperto;
voi stanchi, venite dentro l'ombra.

Il campo ove Egli ci piantò,
ondeggerà di rami come il Libano.
Quando Egli ci avrà legati al Suo fascio,
quando Egli ci avrà coperto col Suo fogliame.
Nemmeno chiamiamo quel Banchetto vivanda,
ma vero sangue del nostro Salvatore e nostro,
tanto siamo innestati alla Sua pianta.

Gerard Mainly Hopkins, L'aia e il tino

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