Il mio amico è come una piacevole aurora dell'eterno amore di Dio.
E. Van Broeckhoven, da Diario dell'amicizia
giovedì 27 dicembre 2007
mercoledì 26 dicembre 2007
My cheek was hit and hit:
sudden hailstones
pelted and bounced on the road.
When it cleared again
something whipped and knowledgeable
had withdrawn
and left me there with my chances.
I made a small hard ball
of burning water running from my heand
just as I make this now
out of the melt of the real thing
smarting into its absence.
TRADUZIONE
La mia faccia colpita e ricolpita:
chicchi di grandine improvvisa
picchiavano e rimbalzavano sulla strada.
Quando torno il sereno
qualcosa di impetuoso e sapiente
aveva receduto
e mi aveva lasciato alle mie risorse.
Ho fatto una piccola palla dura
di acqua ardente che mi scorreva dalla mano
proprio come ora faccio questo
dalla colata di fusione della cosa reale
dolorando per la sua assenza.
Seamus Heaney, da Hailstones
sudden hailstones
pelted and bounced on the road.
When it cleared again
something whipped and knowledgeable
had withdrawn
and left me there with my chances.
I made a small hard ball
of burning water running from my heand
just as I make this now
out of the melt of the real thing
smarting into its absence.
TRADUZIONE
La mia faccia colpita e ricolpita:
chicchi di grandine improvvisa
picchiavano e rimbalzavano sulla strada.
Quando torno il sereno
qualcosa di impetuoso e sapiente
aveva receduto
e mi aveva lasciato alle mie risorse.
Ho fatto una piccola palla dura
di acqua ardente che mi scorreva dalla mano
proprio come ora faccio questo
dalla colata di fusione della cosa reale
dolorando per la sua assenza.
Seamus Heaney, da Hailstones
martedì 25 dicembre 2007
Si, [questa storia] è accaduta realmente. Gesù non è un mito, è un uomo fatto di carne e sangue, una presenza tutta reale nella storia. Possiamo visitare i luoghi e seguire le vie che Egli ha percorso. Possiamo, per il tramite dei testimoni, udire le sue parole, egli è morto ed è risorto... e i miti hanno aspettato Lui, in cui il desiderio è diventato realtà.
Benedetto XVI
Benedetto XVI
domenica 23 dicembre 2007
giovedì 20 dicembre 2007
Una volta ancora a passeggiare
d'estate lungo il canale
dove le canne e l'erba non sono mai
banali
ancora una volta a guardare
L'acqua fredda sotto i ponti
Ed entusiasmarsi di incontrare
Vecchie conoscenze come
un ramo nell'acqua e l'erba mazzolina
cresciuta quest'anno
Ed essere in grado di dire "conoscevo
vostra madre e vostro padre"
Ed essere in grado di confrontare come
mi sentivo allora e come risponde la
mia spalla alla torba ora che ha un
anno in più.
E il non esser triste che un anno sia
passato senza mostrarmi oltre il futuro
verso cui sto andando
Ma lo stare con l'eterno che non ha
rimpianti
L'emozionante ed immortale prato e
quei tramonti
Che mi guardano da Crumlin. Ancora
una volta
Camminare con qualcuno
immortalmente come mortalmente
quando passeggiavamo discutendo
l'immemore disputa
Un volto è stato schiaffeggiato per
sempre ed una voce "Tu Bruto" viene
sentita dai due uomini in bici sul lato
opposto.
La sera è sollevata e nell'Eternità
sospesa.
Patrick Kavanagh, Acqua fredda sotto i ponti
d'estate lungo il canale
dove le canne e l'erba non sono mai
banali
ancora una volta a guardare
L'acqua fredda sotto i ponti
Ed entusiasmarsi di incontrare
Vecchie conoscenze come
un ramo nell'acqua e l'erba mazzolina
cresciuta quest'anno
Ed essere in grado di dire "conoscevo
vostra madre e vostro padre"
Ed essere in grado di confrontare come
mi sentivo allora e come risponde la
mia spalla alla torba ora che ha un
anno in più.
E il non esser triste che un anno sia
passato senza mostrarmi oltre il futuro
verso cui sto andando
Ma lo stare con l'eterno che non ha
rimpianti
L'emozionante ed immortale prato e
quei tramonti
Che mi guardano da Crumlin. Ancora
una volta
Camminare con qualcuno
immortalmente come mortalmente
quando passeggiavamo discutendo
l'immemore disputa
Un volto è stato schiaffeggiato per
sempre ed una voce "Tu Bruto" viene
sentita dai due uomini in bici sul lato
opposto.
La sera è sollevata e nell'Eternità
sospesa.
Patrick Kavanagh, Acqua fredda sotto i ponti
domenica 2 dicembre 2007
sabato 1 dicembre 2007
venerdì 30 novembre 2007
venerdì 23 novembre 2007
"Ed egli disse: se il Signore non ti salva, come posso io salvarti? Col prodotto dell'aia o del tino?" (2nd Re, VI, 27)
Tu che stenti il salario del peccato,
guarda, noi abbiamo la gioia del raccolto:
per noi fu mietuta la prima messe,
per noi fu divelta dalle radici,
legata in lacci crudeli, crudelmente colpita,
flagellata sul suolo dell'aia;
dove la macina fece riparo al Suo Capo,
al mattino trovammo il Pane Celeste,
ed esposto sopra mille altari,
Cristo si è fatto il nostro Sacrificio.
Voi, il cui arido suolo si fende per sete,
noi esultiamo con coloro che pestano le uve:
per noi la Vigna fu ricinta di spine,
in cinque luoghi i rami preziosi divelti;
un frutto terribile apparve sull'albero,
nell'orto di Getzemani;
per noi dall'angoscia del Calvario
il vino fu spremuto dal tino;
ora sul nostro Altare, custodita nei calici,
c'è la dolce vendemmia di Nostro Signore.
Nel giardino di Giuseppe abbandonarono
la vite divelta, spoglia di foglie e priva di vita, secca:
nel mattino di Pasqua l'albero era nato,
in quaranta giorni giungeva dalla terra al cielo,
ben presto il mondo ne è tutto ricoperto;
voi stanchi, venite dentro l'ombra.
Il campo ove Egli ci piantò,
ondeggerà di rami come il Libano.
Quando Egli ci avrà legati al Suo fascio,
quando Egli ci avrà coperto col Suo fogliame.
Nemmeno chiamiamo quel Banchetto vivanda,
ma vero sangue del nostro Salvatore e nostro,
tanto siamo innestati alla Sua pianta.
Gerard Mainly Hopkins, L'aia e il tino
Tu che stenti il salario del peccato,
guarda, noi abbiamo la gioia del raccolto:
per noi fu mietuta la prima messe,
per noi fu divelta dalle radici,
legata in lacci crudeli, crudelmente colpita,
flagellata sul suolo dell'aia;
dove la macina fece riparo al Suo Capo,
al mattino trovammo il Pane Celeste,
ed esposto sopra mille altari,
Cristo si è fatto il nostro Sacrificio.
Voi, il cui arido suolo si fende per sete,
noi esultiamo con coloro che pestano le uve:
per noi la Vigna fu ricinta di spine,
in cinque luoghi i rami preziosi divelti;
un frutto terribile apparve sull'albero,
nell'orto di Getzemani;
per noi dall'angoscia del Calvario
il vino fu spremuto dal tino;
ora sul nostro Altare, custodita nei calici,
c'è la dolce vendemmia di Nostro Signore.
Nel giardino di Giuseppe abbandonarono
la vite divelta, spoglia di foglie e priva di vita, secca:
nel mattino di Pasqua l'albero era nato,
in quaranta giorni giungeva dalla terra al cielo,
ben presto il mondo ne è tutto ricoperto;
voi stanchi, venite dentro l'ombra.
Il campo ove Egli ci piantò,
ondeggerà di rami come il Libano.
Quando Egli ci avrà legati al Suo fascio,
quando Egli ci avrà coperto col Suo fogliame.
Nemmeno chiamiamo quel Banchetto vivanda,
ma vero sangue del nostro Salvatore e nostro,
tanto siamo innestati alla Sua pianta.
Gerard Mainly Hopkins, L'aia e il tino
giovedì 22 novembre 2007
martedì 20 novembre 2007
In paradiso lo sguardo forse passerà
dal giorno eterno al dì di esso
illuminato per ritrovare, nel vero,
l'aspetto del Vero rispecchiato.
Vedrà allora, in Terra Benedetta,
che ogni cosa è ugual ma liberata:
la Salvezza non cambia e non distrugge
giardino e giardiniere, giovane e gioco.
Solo il Male non sarà perchè non sta
nell'immagine divina ma nello sguardo,
non nella fonte, ma nella mala scelta,
e non nel suono, ma nella voce perversa.
In Paradiso finirà l'esilio
e se le loro storie narreranno
e certo, poichè son vivi, inventeranno,
i poeti, di fiamme incoronati,
ben sapranno scegliere e cantare
per sempre con certezza dal Tutto originale.
J.R.R.Tolkien, da Mitopoeia
dal giorno eterno al dì di esso
illuminato per ritrovare, nel vero,
l'aspetto del Vero rispecchiato.
Vedrà allora, in Terra Benedetta,
che ogni cosa è ugual ma liberata:
la Salvezza non cambia e non distrugge
giardino e giardiniere, giovane e gioco.
Solo il Male non sarà perchè non sta
nell'immagine divina ma nello sguardo,
non nella fonte, ma nella mala scelta,
e non nel suono, ma nella voce perversa.
In Paradiso finirà l'esilio
e se le loro storie narreranno
e certo, poichè son vivi, inventeranno,
i poeti, di fiamme incoronati,
ben sapranno scegliere e cantare
per sempre con certezza dal Tutto originale.
J.R.R.Tolkien, da Mitopoeia
lunedì 19 novembre 2007
..."Lie down
in the word-hoard, borrow
the coil and gleam
of your furrowed brain.
Compose in darkness.
Expect aurora borealis
in the long foray
but no cascade of light.
Keep your eye clear
as the bleeb of the icicle,
trust the feel of what nabbed treasure
your hands have known."
TRADUZIONE
..."Scendi
nel tesoro di parole, scava
la tana nella spira e nel bagliore
del tuo cervello pieno di rughe.
Scrivi nel buio.
Attendi l'aurora boreale
nel corso della lunga prova
ma nessuna cascata di luce.
Mantieni limpido il tuo occhio
come la bolla d'aria nel ghiacciolo,
fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro
che le tue mani hanno conosciuto."
Seamus Heaney, da North
in the word-hoard, borrow
the coil and gleam
of your furrowed brain.
Compose in darkness.
Expect aurora borealis
in the long foray
but no cascade of light.
Keep your eye clear
as the bleeb of the icicle,
trust the feel of what nabbed treasure
your hands have known."
TRADUZIONE
..."Scendi
nel tesoro di parole, scava
la tana nella spira e nel bagliore
del tuo cervello pieno di rughe.
Scrivi nel buio.
Attendi l'aurora boreale
nel corso della lunga prova
ma nessuna cascata di luce.
Mantieni limpido il tuo occhio
come la bolla d'aria nel ghiacciolo,
fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro
che le tue mani hanno conosciuto."
Seamus Heaney, da North
domenica 18 novembre 2007
Tra noi che vale, se ti mando in dono
questi miei versi, o tu parli di me,
che vale il ricordarci quanti sono
i debiti che abbiamo l'un con l'altro,
ogni dedica è scritta, e non ce n'è
di migliori, nè un lascito più scaltro
di quel che scrisse il reciproco amore
del fare insieme, senza chieder conto
di nulla che a quell'opera maggiore
ch'era, non si sa come, amore insieme
operante, che gode del suo vivere,
e noi siam nulla, l'abolito seme...
E' l'opera comune che ha valore,
dimenticami, guardami nel vero
di ciò che fai con lo spontaneo cuore
sempre in quel senso dov'è il più sincero
creder comune, fiamma di candele,
ex voto che favellano al mistero,
consumando il lucignolo e le pene
nel pensier generale, e qual si spegne
prima non conta, è la vita che tiene.
Carlo Betocchi, L'opera comune
questi miei versi, o tu parli di me,
che vale il ricordarci quanti sono
i debiti che abbiamo l'un con l'altro,
ogni dedica è scritta, e non ce n'è
di migliori, nè un lascito più scaltro
di quel che scrisse il reciproco amore
del fare insieme, senza chieder conto
di nulla che a quell'opera maggiore
ch'era, non si sa come, amore insieme
operante, che gode del suo vivere,
e noi siam nulla, l'abolito seme...
E' l'opera comune che ha valore,
dimenticami, guardami nel vero
di ciò che fai con lo spontaneo cuore
sempre in quel senso dov'è il più sincero
creder comune, fiamma di candele,
ex voto che favellano al mistero,
consumando il lucignolo e le pene
nel pensier generale, e qual si spegne
prima non conta, è la vita che tiene.
Carlo Betocchi, L'opera comune
sabato 17 novembre 2007
venerdì 16 novembre 2007
mercoledì 14 novembre 2007
domenica 11 novembre 2007
Sino alla morte, non avea potuto
proibir che lo amasse, - e di gridarlo.
Ora, ella cadde ai piedi della croce,
vestita di una pena senza nome,
tutta pesante del suo grande amore.
Ma quando, a profumargli il dolce corpo
di molli aromi, al suo sepolcro venne,
tutta lagrime il volto, - Egli, risorto
era già... Per Lei. Solo, per dirle
reciso, adesso, il suo divino No.
Più tardi, nella squallida caverna,
ella comprese come, rinnovato
entro il fuoco gagliardo della morte,
le ricusasse il più potente balsamo
(anche un sospiro di sperati baci!)
per formare di lei solo un'Amante
che non s'inclina più verso l'Amato,
perchè nell'urlo di bufere enormi
trascende già la idolatrata voce.
R. M. Rilke, Cristo risorto
proibir che lo amasse, - e di gridarlo.
Ora, ella cadde ai piedi della croce,
vestita di una pena senza nome,
tutta pesante del suo grande amore.
Ma quando, a profumargli il dolce corpo
di molli aromi, al suo sepolcro venne,
tutta lagrime il volto, - Egli, risorto
era già... Per Lei. Solo, per dirle
reciso, adesso, il suo divino No.
Più tardi, nella squallida caverna,
ella comprese come, rinnovato
entro il fuoco gagliardo della morte,
le ricusasse il più potente balsamo
(anche un sospiro di sperati baci!)
per formare di lei solo un'Amante
che non s'inclina più verso l'Amato,
perchè nell'urlo di bufere enormi
trascende già la idolatrata voce.
R. M. Rilke, Cristo risorto
sabato 10 novembre 2007
Abbraccia, Madre, lo spazio
tutto che ci è dato,
il tempo a noi concesso
abbraccia intero,
l'alba su di noi,
la sera,
il dubbio, la certezza,
il dolore, la pena,
la fatica.
Semplicissima Madre,
stringici nel Tuo grembo.
Siamo attori di Dio:
stringici nel Tuo e nel Suo
inmmenso Io.
Giovanni Testori, da Interrogatorio a Maria
giovedì 8 novembre 2007
venerdì 2 novembre 2007
...a me è parso...che la poesia...è uno scoprire e stabilire convenienze e richiami e concordanze tra il Cielo e la terra e in noi e tra di noi...La poesia...in tesa in modo totale, ossia cattolico, è la bellezza che rende palese, come arcano riverbero, la Bontà infinita...
...uscendo da una lettura di poesia...ci si potrebbe sentire incoraggiati al bene e all'eterno...
Clemente Rebora, da una lettera al fratello
...uscendo da una lettura di poesia...ci si potrebbe sentire incoraggiati al bene e all'eterno...
Clemente Rebora, da una lettera al fratello
giovedì 1 novembre 2007
mercoledì 31 ottobre 2007
Look at the stars! Look, look up at the skies!
O look at all the fire-folk sitting in the air!
The bright boroughs, the cirle-citadels there!
Down in dim woods the diamond delves! The elves’ eyes!
The grey lawns cold where gold, where quickgold lies!
Wind-beat whitebeam! Airy abeles set on a flare!
Flake-doves sent floating forth at a farmyard scare!
Ah well! It is all a purchase, all is a prize.
Buy then! Bid then! – What? - Prayer, patience, alms, vows.
Look, look: a May-mess, like an orchard boughs!
Look! March-bloom, like on mealed-with-yellow sallows!
These are indeed the barn; withindoors house
the shocks. This piece-bright paling shuts the spouse
Christ home, Christ and his mother and all his hallows.
TRADUZIONE DI FENOGLIO
Guardate alle stelle! Guardate, guardate alto ai cieli!
Guardate al popolo di fuoco assiso nell'etere!
I borghi rilucenti, le tonde cittadelle di lassù!
Giù in neri boschi le cave di diamanti! Gli occhi degli elfi!
I grigi prati freddi dove oro, oro vivo giace!
Albero bianco battuto dal vento! Albi aerei pioppi messi ad avvampare!
Come nivee scaglie, colombe mandate ad aleggiar lontano da uno spauracchio di cascina!
Oh! tutto è bene un acquisto, tutto è un premio.
Comprate dunque! - Offrite! - che cosa? Preghiera, pazienza, elemosina, voti.
Guardate, guardate: una fiorita di maggio come sui rami d'un frutteto!
Guardate, uno sboccio di marzo come su salici panati al giallo!
Questi sono veramente i granai; i covoni
son dentro. Questo recinto ingemmato alberga lo sposo Cristo,
Cristo e sua madre e tutti i suoi santi.
Gerard Manley Hopkins, The Starlight Night
O look at all the fire-folk sitting in the air!
The bright boroughs, the cirle-citadels there!
Down in dim woods the diamond delves! The elves’ eyes!
The grey lawns cold where gold, where quickgold lies!
Wind-beat whitebeam! Airy abeles set on a flare!
Flake-doves sent floating forth at a farmyard scare!
Ah well! It is all a purchase, all is a prize.
Buy then! Bid then! – What? - Prayer, patience, alms, vows.
Look, look: a May-mess, like an orchard boughs!
Look! March-bloom, like on mealed-with-yellow sallows!
These are indeed the barn; withindoors house
the shocks. This piece-bright paling shuts the spouse
Christ home, Christ and his mother and all his hallows.
TRADUZIONE DI FENOGLIO
Guardate alle stelle! Guardate, guardate alto ai cieli!
Guardate al popolo di fuoco assiso nell'etere!
I borghi rilucenti, le tonde cittadelle di lassù!
Giù in neri boschi le cave di diamanti! Gli occhi degli elfi!
I grigi prati freddi dove oro, oro vivo giace!
Albero bianco battuto dal vento! Albi aerei pioppi messi ad avvampare!
Come nivee scaglie, colombe mandate ad aleggiar lontano da uno spauracchio di cascina!
Oh! tutto è bene un acquisto, tutto è un premio.
Comprate dunque! - Offrite! - che cosa? Preghiera, pazienza, elemosina, voti.
Guardate, guardate: una fiorita di maggio come sui rami d'un frutteto!
Guardate, uno sboccio di marzo come su salici panati al giallo!
Questi sono veramente i granai; i covoni
son dentro. Questo recinto ingemmato alberga lo sposo Cristo,
Cristo e sua madre e tutti i suoi santi.
Gerard Manley Hopkins, The Starlight Night
domenica 23 settembre 2007
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. E’ una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco.
Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo- odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Siacome sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, son certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio Caproni, Congedo del viaggiatore cerimonioso
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. E’ una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco.
Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo- odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Siacome sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto s’io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, son certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio Caproni, Congedo del viaggiatore cerimonioso
domenica 9 settembre 2007
Fùcur restò attentamente in ascolto, e man mano ripeteva lentamente, parola per parola, ciò che udiva:
«Noi, le Acque della Vita!
da se stesse generate,
fonte tanto più arricchita,
quanto più vi dissetate».
Restò ancora un momento in ascolto e poi disse:
«Continuano a ripetere: Bevi, bevi! Fa’ ciò che vuoi!»
«Come possiamo arrivarci?» domandò Atreiu.
«Ci chiedono il nostro nome», spiegò Fùcur.
«Io sono Atreiu!» esclamò Atreiu.
«Io sono Fùcur!» esclamò Fùcur.
Il ragazzo senza nome rimase muto.
Atreiu lo guardò, poi lo prese per mano e gridò:
«E lui è Bastiano Baldassarre Bucci».
«Domandano», tradusse ancora Fùcur, «perché non lo dice lui stesso.»
«Non può», rispose Atreiu, «ha dimenticato tutto.»
Fùcur restò ancora un momento in ascolto dello scrosciare dell’acqua.
«Senza ricordi, dicono, non può entrare. I serpenti non lo lascerebbero passare.»
Ho conservato tutto io per lui , esclamò Atreiu, «tutto ciò ch’egli mi ha raccontato di sé e del suo mondo. Rispondo io di lui.»
Fùcur restò in ascolto.
«Vogliono sapere con quale diritto lo fai.»
«Sono suo amico, disse Atreiu.»
«Noi, le Acque della Vita!
da se stesse generate,
fonte tanto più arricchita,
quanto più vi dissetate».
Restò ancora un momento in ascolto e poi disse:
«Continuano a ripetere: Bevi, bevi! Fa’ ciò che vuoi!»
«Come possiamo arrivarci?» domandò Atreiu.
«Ci chiedono il nostro nome», spiegò Fùcur.
«Io sono Atreiu!» esclamò Atreiu.
«Io sono Fùcur!» esclamò Fùcur.
Il ragazzo senza nome rimase muto.
Atreiu lo guardò, poi lo prese per mano e gridò:
«E lui è Bastiano Baldassarre Bucci».
«Domandano», tradusse ancora Fùcur, «perché non lo dice lui stesso.»
«Non può», rispose Atreiu, «ha dimenticato tutto.»
Fùcur restò ancora un momento in ascolto dello scrosciare dell’acqua.
«Senza ricordi, dicono, non può entrare. I serpenti non lo lascerebbero passare.»
Ho conservato tutto io per lui , esclamò Atreiu, «tutto ciò ch’egli mi ha raccontato di sé e del suo mondo. Rispondo io di lui.»
Fùcur restò in ascolto.
«Vogliono sapere con quale diritto lo fai.»
«Sono suo amico, disse Atreiu.»
Michael Ende, La Storia Infinita
venerdì 7 settembre 2007
Sero te amavi, pulchritudo tam antiqua et tam nova, sero te amavi! Et ecce intus eras et ego foris et ibi te querebam et in ista formosa, quae fecisti, deformis irruebam. Mecum eras, et tecum non eram. Ea me tenebant longe a te, quae si in te non essent, non essent. Vocasti et clamasti et rupisti surditatem meam, coruscasti, splenduisti et fugasti caecitatem meam, fragrasti, et duxi spiritum et anhelo tibi, gustavi et esurio et sitio, tetegisti me, et exarsi in pacem tuam.
S. Agostino (grazie Clara!)
giovedì 6 settembre 2007
- Dio che non esisti ti prego
che almeno su questa grande nave
che mi porta via
le cabine siano ... siano ben areate
- Ma se non esiste perchè lo preghi?
- Non esiste fintantochè io non ci credo
finchè continuo a vivere
come viviamo tutti
desiderando, desiderando
ma se io lo chiamo ...
- Troppo tardi ...
- Per la forza terribile
dell'anima mia, forse vile, trascurabile in sè,
però anima nella piena portata del termine,
se lo chiamo verrà.
Dino Buzzati, Diario di Belluno
che almeno su questa grande nave
che mi porta via
le cabine siano ... siano ben areate
- Ma se non esiste perchè lo preghi?
- Non esiste fintantochè io non ci credo
finchè continuo a vivere
come viviamo tutti
desiderando, desiderando
ma se io lo chiamo ...
- Troppo tardi ...
- Per la forza terribile
dell'anima mia, forse vile, trascurabile in sè,
però anima nella piena portata del termine,
se lo chiamo verrà.
Dino Buzzati, Diario di Belluno
domenica 2 settembre 2007
Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s'inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d'Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d'aspettare l'avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s'alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
Mario Luzi, da Alla vita
nella luce ove il cielo s'inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d'Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d'aspettare l'avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s'alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
Mario Luzi, da Alla vita
venerdì 31 agosto 2007
DIONISO: ...Ma una volta che il grano e la vigna avranno il senso della vita eterna, sai che cosa gli uomini vedranno nel pane e nel vino? Carne e sangue, come adesso, come sempre. E carne e sangue gronderanno, non più per placare la morte, ma per raggiungere l'eterno che li aspetta.
Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò
Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò
giovedì 30 agosto 2007
mercoledì 29 agosto 2007
domenica 26 agosto 2007
E' all'intelligenza che Gesù fa costantemente appello. E la sollecita. Il rimprovero costante sulla sua bocca è: non comprendete, non avete intelligenza? Non credete ancora? aggiunge anche. La fede che sollecita non ha nulla a che vedere con la credulità. Questa fede è precisamente l'accesso dell'intelligenza a una verità, il riconoscimento di questa verità, il si dell'intelligenza convinta e non una rinuncia all'intelligenza.
Claude Tresmontant
martedì 21 agosto 2007
lunedì 20 agosto 2007
Come la carne glorïosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
più grata fia per esser tutta quanta;
[...]
Tanto mi parver sùbiti e accorti
e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!»,
che ben mostrar disio d'i corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.
Dante, Paradiso XIV
fia rivestita, la nostra persona
più grata fia per esser tutta quanta;
[...]
Tanto mi parver sùbiti e accorti
e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!»,
che ben mostrar disio d'i corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
per li padri e per li altri che fuor cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.
Dante, Paradiso XIV
domenica 19 agosto 2007
Miserycord. The Misery Cord.
It was lettered on a wall.
I knew that cord, how it's tough to break
however hard you haul.
My cousin sharefarmed, and so got half:
half dignity, half hope, half income,
for his full work. To get a place
of his own took his whole lifetime.
Some pluck the misery chord from habit
or for luck, however they feel,
some to deceive, and some for the tune -
but sometimes it's real.
Milking bails, flannel shirts, fried breakfasts,
these were our element,
and doubling on horses, and shouting Score!
at a dog yelping on a hot scent -
but an ambulance racing on our back road
is bad news for us all:
the house of community is about
to lose a plank from its wall.
Grief is nothing you can do, but do,
worst work for least reward,
pulling your heart out through your eyes
with tugs of the misery cord.
I looked at my cousin's farm, qhere he'd just
built his family a house of their own,
and I looked down into Fred's next house,
its clay walls of bluish maroon.
Just one man has broken the misery cord
and lived. He said once was enough.
A poem is an afterlife on earth:
Christ grant us the other half.
TRADUZIONE
Misericordia. La Corda della Miseria.
Stava scritto su un muro.
So cos'è quella corda, quant'è dura
da spezzare per quanto forte tiri.
Mio cugino era a mezzadria, e così aveva
tutto a metà: speranze, reddito, dignità,
ma lavorava a tempo pieno. Tutta la vita
gli ci volle per avere qualcosa di suo.
La corda della miseria certi la pizzicano per vezzo
o perchè porti fortuna, secondo quel che sentono,
certi per ingannare, e certi per il suono che fa -
ma certe volte è reale.
Stalli per la mungitura, camicie di flanella,
colazione fritta, questo il nostro elemento,
e piegàti in due sul cavallo , a gridar Vai!
a un cani che schiattisce dietro una traccia fresca -
ma un'ambulanza che piomba nello stradello
è una brutta sorpresa per tutti:
i muri della casa della comunità
stanno perdendo un'asse.
La pena è non poter far niente, tranne appenarsi,
minima ricompensa per il lavoro peggiore,
tirarsi fuori il cuore dagli occhi
a strappi della corda della miseria.
Guardavo il podere di Fred, la casa
che s'era appena fatto per la sua famiglia,
e poi, la sua nuova casa,
muri d'argilla d'un marrone bluastro.
Solo un uomo ha spezzato la corda della miseria
ed è vissuto. Disse che una volta bastava.
Una poesia è un aldilà in terra.
Cristo ci dia l'altra metà.
Les Murray (grazie di cuore a Federico per questo testo)
sabato 18 agosto 2007
alla memoria di mia nonna, che se n'è andata oggi
Forse, infranto il mistero, nel chiarore
del mio ricordo un'ombra apparirai,
un nonnulla vestito di dolore.
Tu, non diversa, tu come non mai:
solo il paesaggio muterà colore.
In un nembo di cenere e di sole
identica, ma prossima al candore
del cielo passerai senza parole.
Io ti vedrò sussistere nel vago
degli sguardi serali, nel ritardo
dei fuochi che si spengono in un ago
di luce rossa a cui trema lo sguardo.
Mario Luzi, Alla madre
del mio ricordo un'ombra apparirai,
un nonnulla vestito di dolore.
Tu, non diversa, tu come non mai:
solo il paesaggio muterà colore.
In un nembo di cenere e di sole
identica, ma prossima al candore
del cielo passerai senza parole.
Io ti vedrò sussistere nel vago
degli sguardi serali, nel ritardo
dei fuochi che si spengono in un ago
di luce rossa a cui trema lo sguardo.
Mario Luzi, Alla madre
venerdì 17 agosto 2007
Ad ogni modo mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell'immenso campo di segale eccetra eccetra. Migliaia di ragazzini, e intorno non c'è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull'orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l'acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l'unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.
Salinger, Il giovane Holden
giovedì 16 agosto 2007
L'inferno dei viventi non qualcosa che sarà; se ce n'è uno e’ quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio.
Calvino, Le città invisibili
mercoledì 15 agosto 2007
Devo dirlo di nuovo? Per arrivare là,
per arrivare dove voi siete, per andare via da dove non siete,
dovete fare una strada nella quale non c'è estasi.
Per arrivare a ciò che non sapete
dovete fare una strada che è quella dell'ignoranza.
Per possedere ciò che non possedete
dovete fare la strada della privazione.
Per arrivare a quello che non siete
dovete andare per la strada nella quale non siete.
E quello che non sapete è la sola cosa che sapete
e ciò che avete è ciò che non avete
e dove siete è là dove non siete.
T.S.Eliot, da East Coker
per arrivare dove voi siete, per andare via da dove non siete,
dovete fare una strada nella quale non c'è estasi.
Per arrivare a ciò che non sapete
dovete fare una strada che è quella dell'ignoranza.
Per possedere ciò che non possedete
dovete fare la strada della privazione.
Per arrivare a quello che non siete
dovete andare per la strada nella quale non siete.
E quello che non sapete è la sola cosa che sapete
e ciò che avete è ciò che non avete
e dove siete è là dove non siete.
T.S.Eliot, da East Coker
martedì 14 agosto 2007
giovedì 2 agosto 2007
lunedì 30 luglio 2007
domenica 29 luglio 2007
Quello che vide fu una delle cose più sorprendenti della sua vita: il muso fulvo era chino su di lui e, meraviglia delle meraviglie, gli occhi della creatura brillavano, gonfi di lacrime. Erano lacrime così grandi, a confronto di quelle di Digory, che per un attimo il ragazzo pensò che il leone fosse più addolorato di lui per la sorte della mamma.
C.S.Lewis, Il nipote del mago
Iscriviti a:
Post (Atom)